"Il vino è un valore reale che ci dà l'irreale"
Luigi Veronelli

martedì 8 maggio 2012

Diciamolo a bassa voce, ma forse ci siamo...

Dopo continui rimandi, pare che finalmente ci sia l'accordo; e l'evento è pure imminente: fissato per giovedì prossimo (tra 2 dicasi 2 giorni!) il nuovo famelico incontro tra gli Etilelitisti!!!
Stasera Marchino ed io si partirà per un sopralluogo dal solito Franco per decidere il menu.
Visto il perdurare dell'incerta situazione climatica, il tema è quello già a suo tempo stabilito: piatti valtellinesi e Nebbiolo da ogni dove (con una sorpresina fuori tema che farà sicuramente piacere a qualche mediolanensis...).
Non è esclusa la partecipazione di un nuovo adepto alla serata.
Per i dettagli... a dopo la cena!!!

martedì 3 aprile 2012

Es 2010: benvenuto nella Tradizione!

Il tema del giorno, costantemente dibattuto su ogni blog e forum, è il grande successo dell’Es 2010 al recente Vinitaly. Si parla di circa tremila visitatori allo stand di Gianfranco Fino in quattro giorni di manifestazione, con schiere di estimatori che ormai spuntano da ogni dove, preannunciate, lo scorso anno, dai massimi riconoscimenti attribuiti da tutte le maggiori Guide alla versione 2009 di questo incredibile Primitivo di Manduria.
Spazziamo subito il campo da ogni possibile fraintendimento: anch’io sono tra gli estimatori di un vino così straordinario; lo sono fin dalla prima ora e ne ho seguito estasiato l’evoluzione annata dopo annata.
A questo proposito e per ristabilire un poco di memoria storica (una facoltà che nel nostro Paese sembra mancare ai più), occorre sottolineare come il primo e forse più acceso ammiratore e sostenitore dell’Es fu – ma guarda un po’? – il “solito” Luigi Veronelli, che fin dalla prima annata prodotta (la 2004) ha saputo intuirne tutte le splendide potenzialità, premiandolo con il suo personalissimo “Sole” sulla Guida Oro I Vini di Veronelli edizione 2007.
Con questo, naturalmente, non voglio attribuire i meriti del grande successo dell’Es a Luigi Veronelli, perché tali meriti risiedono tutti nel talento e nella sensibilità di Gianfranco Fino, che partendo da un piccolo e vecchissimo vigneto ha saputo sviluppare un difficile progetto di qualità, portandolo al suo più naturale ma per nulla scontato esito: l’eccellenza.
Ciò che, infatti, mi colpisce ogni anno dell’Es è la sua costante crescita qualitativa, un climax che non è possibile attribuire semplicemente ai diversi andamenti climatici delle annate, quanto piuttosto – e ne sono convinto – alla sempre maggior sintonia e confidenza di Gianfranco Fino con il vitigno, ad una mano sempre più fine e calibrata sulla gestione di tutto il processo produttivo, dai vigneti alle pratiche di cantina per finire agli affinamenti.
Il Fino vignaiolo ha, insomma, una storia tutto sommato breve, ma sta imparando in fretta; un apprendistato che sembra ormai sfociato pienamente nel più nobile artigianato, come è puntualmente confermato ad ogni nuova annata.
E veniamo a questo Es 2010, star pressoché assoluta ed incontrastata del Vinitaly 2012.
Ebbene, si tratta di un vino che colpisce a fondo; e colpisce principalmente perché non è il solito Es, bensì una sua versione particolarmente “raffinata”.
Non che nelle annate precedenti l’Es fosse grezzo (anzi!), ma a mio parere aveva sempre giocato le sue carte sulla più immediata ed intensa espressività del vitigno, del Primitivo caldo, dolce e seducente di frutta e spezie mature, di densità e di suadenze, seppur sempre assistite da stimoli vitali e dinamici. Un vino, insomma, ricco e concentrato, che nella sua fenomenale espressività poteva al limite anche bastare a se stesso, appagando il degustatore con le sue mille e una cose da dire e da raccontare.
Sempre bellissimo in questa sua “opulenza” ben mostrata, offerta al degustatore con nitore e pulizia, forse però non rispondeva ancora appieno alle aspirazioni di Gianfranco Fino.
Credo davvero che sia così, altrimenti non mi spiegherei l’esito di quest’anno, che non può che scaturire da un percorso conseguente e coerente. Alle consuete forza, ricchezza, potenza, intensità e complessità, Es 2010 ha, infatti, aggiunto una dose di finezza ed eleganza superiori, quasi una maggior leggiadria ed equilibrio nella vena acida che ripulisce il sorso e bilancia con precisione i toni più maturi e pieni del frutto, donando un’eccezionale e fragrante bevibilità ad un vino che trova nel finale appena amaricante uno stimolo ulteriore alla beva. Ha ragione il mio amico Luciano alias Vignadelmar quando afferma che la 2010 è, per ora, la miglior versione di sempre dell’Es, perché col 2010 l’Es è finalmente entrato nella migliore Tradizione enoica italiana, quella che da sempre (a parte un’abbastanza recente e contrastata parentesi) vuole i nostri vini non fatti solo per essere degustati, ma concepiti in primo luogo per accompagnarci alla tavola, fedeli ed intimi compagni del Convivio, capaci di sottolineare i cibi più squisiti e le più ardite conversazioni con i loro illuminanti ma assai garbati, intonati e puntuali rilievi.
A questo punto, pensando al 2011, mi tremano i polsi…

domenica 4 marzo 2012

Come un raggio di luna

A volte capita di stappare una bottiglia, di trovarci esattamente quel che ci si aspettava e di rimanere, comunque, in qualche modo sorpresi dallo spontaneo piacere che ci ha emozionati.
A me è capitato qualche sera fa, aprendo un Blanc de Morgex et de La Salle 2010 (non 2009 come appare nell'etichetta allegata) di Carlo Celegato, micro-produttore di quella micro-produzione che è il prié blanc, il vitigno bianco forse "più alto" d'Europa. Micro-produttore come lo sono tutti lassù, verso il Monte Bianco, dove i pochissimi ettari di vigneto di proprietà di ciascun vignaiolo sono suddivisi in minuscoli appezzamenti sparsi qua e là sulle pendenze folli della montagna.
Ebbene, quando i pochi quintali di uve prodotte non sono fagocitati dalla Cave du Vin Blanc, capita ad un produttore di dare vita a vini che ti colpiscono, come è stato per me con quello di Carlo Celegato, un autentico, candido e algido raggio di luna che si è infilato attraverso i sensi con la sua delicatezza, i suoi succosi ricordi di mela, i freschi fiori di campo, il corpo lieve e agile, tutto animato da un'acidità sottile, tesa e vibrante, un'acidità "viperina", come l'avrebbe senz'altro definita Luigi Veronelli.
Un vino dall'individualità peculiare, originale, distintiva; un vino che riflette, più che un territorio, un vero e proprio modo di essere; quello che dovrebbere essere tutti i vini bianchi prodotti lassù, ad un passo dalla luna.

giovedì 23 febbraio 2012

L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare...

Facendo seguito al precedente "Avviso di chiamata alle armi", il nucleo dirigente del gruppo eno-goliardico degli Etilelitisti comunica ai soci aderenti e sostenitori che la ventilata serata di giubilo e potaggio-nettare-di-Bacco, inizialmente fissata tra l'1 ed il 2 marzo p.v., è stata rimandata a data da destinarsi, con ogni probabilità successiva al 17 marzo p.v. e precedente al 31 marzo p.v. Considerato il progredire della stagione meteorologica, si prevede possibile cambio di menu e di vini, anche se per i vini (Nebbiolo all around the world) stiamo cercando di non variare il programma.
State in sintonia....

lunedì 20 febbraio 2012

Lo Champagne, i Francesi, il Pragmatismo

Ormai nel mondo del vino è tutto un gran parlare di naturalità, genuinità, salubrità e via discorrendo. Il dito è spesso puntato sugli additivi che vengono aggiunti in fase di vinificazione ai mosti e ai vini; non solo sulla solforosa, ma ancor più su tutta una serie di prodotti enologici quali lieviti selezionati, enzimi, colle, gelatine, coadiuvanti delle specie più disparate...
Bene, cosa ti vengo a sapere la scorsa settimana a proposito dei cugini francesi della Champagne?
Prima di svelarvelo, occorre fare una premessa. Lassù, tra Reims ed Épernay, pare siano diventati molto sensibili al fenomeno del riscaldamento globale. Saranno strani, questi francesi, ma sembra non gli vada molto a genio il fatto che, se quaranta o cinquant'anni fa vendemmiavano in media il 10 di ottobre, lo scorso anno, millesimo particolarmente caldo, si sono trovati in vigna con le loro cestelle forate da 45 kg per raccogliere i preziosi grappoli - udite udite - alla fine di agosto, dunque con un mese e mezzo di anticipo sui bei tempi che furono. Dal momento che in Champagne questo genere di cose non sono particolarmente apprezzate - strani, 'sti francesi... - e si sono convinti che un processo di maturazione così rapido e "caldo" non sia la cosa migliore per l'acidità e la finezza aromatica dei loro vini, ecco che si sono imposti di combattere seriamente il global warming, abbattendo del 50% le loro emissioni di gas serra entro il 2020.
Ordunque, dopo questa necessaria premessa, quale sarebbe la cosuccia che sono venuto a sapere e che mi ha spinto a farmi qualche domandina? Molto semplice e presto rivelato. Lassù, tra Reims ed Épernay, si sono accorti che per chiarificare i loro mosti "naturalmente", ossia utilizzando il freddo, occorre refrigerare (e neanche poco); e per refrigerare (e neanche poco) occorre utilizzare sistemi di refrigerazione che consumano energia (e neanche poca); e per produrre la necessaria energia (e neanche poca) si inquina, producendo gas serra. E quindi cosa sta consigliando il CIVC (Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne) ai produttori? Di usare per la chiarifica enzimi al posto del freddo, naturalmente!
Ora, se una cosa simile succedesse in Italia, quale razza di putiferio si scatenerebbe da parte di puristi, naturalisti, naturisti e bioqualunquisti vari? Sarebbe interessante scoprirlo.
Con questo non voglio passare per un "sofisticatore" prono all'industria enologica, perché di schifezze nei vini se ne aggiungono in effetti molte.
Voglio solo portare all'attenzione un modo abbastanza pragmatico di agire di fronte a problemi concreti: forse poco poetico, ma probabilmente efficace.
Se si volesse aprire un dibattito...

martedì 14 febbraio 2012

Signore e signori, sua maestà il Barolo

Barolo Vigna Enrico VI 1976 - Monfalletto Cordero di Montezemolo

Annata che dovrebbe essere minore per un Barolo s-t-r-e-p-i-t-o-s-o per integrità cromatica e aromatica, senza la minima cessione al tempo, ma solo un'evoluzione esaltante, con mentuccia ed elegantissimo tocco quasi di idrocarburi su un frutto pieno, carnoso, ancora tutto lì a raccontarsi, cuore di una sensazione gustativa larga, ampia, con un'anima incredibilmente tesa e vibrante eppure accogliente e confortevole: sua maestà il Barolo.

Il tutto direttamente da 36 anni fa. Poi torno al presente e mi si affollano domande nella mente. E le lascio tutte senza risposte.

venerdì 3 febbraio 2012

Un libro e un vino

Vi segnalo questo video di Gigi Brozzoni, direttore del Seminario Permanente Luigi Veronelli

http://www.youtube.com/watch?v=aLfLaZGEiTA&feature=youtu.be

Non so perché, ma tratta di argomenti che mi stanno particolarmente a cuore...

Per una lotta "viscerale" all'evasione fiscale

Leggevo su Corriere.it i parametri inseriti nel nuovo redditometro da Befera, novello J. Edgar Hoover dei nostri tempi, che evidentemente deve essersi sentito frustrato per anni nel suo ruolo di burocrate come Direttore dell'Agenzia delle Entrate ed ora, in questo nuovo clima di "tecnicismo", non vede l'ora di mettersi in luce e mostrare le sue grandi doti di "super poliziotto dei conti nostri".
Ebbene, tra i parametri leggo, tra le altre cose, di "arredi, apparecchiature elettroniche, telefonia fissa e mobile, assicurazioni per responsabilità civile, vita, furto e incendio, danni, asili nido (poi dovrebbe spiegarci dove li dovrebbero lasciare i figli due genitori costretti a lavorare entrambi per dare il sangue a "Dracul Monti"), scuole materne, scuole primarie, università, master, viaggi, alberghi, palestre, circoli ricreativi e culturali e chi più ne ha più ne metta".
Bene signori miei, è una realtà, Orwell aveva a suo modo ragione: siamo al Grande Fratello fiscale.
Nel mio piccolo, ché tecnico non sono né ambisco ad esserlo, mi permetto un piccolo suggerimento, proponendo uno strumento che potrebbe risolvere alla radice il problema dell'evasione: se è vero che più sei ricco più mangi e se è vero che più mangi più caghi, allora perché non mettere un bel "registratore fiscale di sciacquone"? Più caghi più tiri l'acqua, no? Quale parametro più sicuro e infallibile per misurare della reale ricchezza di un individuo e della sua famiglia? Magari, da tecnico "big brother", Befera potrebbe pure imporre una webcam direttamente nei cessi di tutti gli italiani, così se uno facesse il furbo e anziché tirare l'acqua svuotasse una secchiata nella tazza, subito verrebbe individuato e sanzionato.
Naturalmente un tecnico che si rispetti dovrebbe, però, prevedere dei coefficienti riduttivi in caso di "eventi virali", anche per un doveroso discorso di "equità".
Su Befera! Su Monti! Oltre a "metterci le mani in tasca", perché non le mettete anche da un'altra parte?
Cagate con moderazione, gente....

giovedì 26 gennaio 2012

Quel vin de garage!

Ieri ho assaggiato un vino bianco delle Colline Novaresi, zona Boca, prodotto da un vero garagista, nel senso che di professione fa il meccanico e si diletta nel produrre vini davvero naturali per il consumo proprio e di qualche amico.

Penso si trattasse di Erbaluce annata 2010 ed è stata una folgorazione fin dal colore, giallo carico con riflessi persino ambrati ed attraversato da bagliori grigiastri, quasi plumbei, che ricordano le sue radici, l’humus dal quale proviene, le stagioni, i cieli ora tersi ora coperti da coltri di nubi che con il loro prezioso liquido vivificano la terra e danno ristoro dal calore del sole che ciclicamente la inonda.

Poi si passa al naso ed è un fiorire di fiori sfatti, di estivi ricordi di acre sepolcreto, un memento mori dal piglio crepuscolare, quasi decadente, ma mai minimalista, anzi, quasi una piena e vitale Danza Macabra, vigorosa nelle sue belle zaffate di petalo marcescente, di buccia gialla di mela lasciata ad esprimersi per ore sul bordo di un tavolaccio di cucina piemontese, libera di disegnare improbabili eppur così reali Correspondances con i più mediterranei mari d’Africa, con le assolate coste trapanesi, con il continuo lavorio dei tini del perpetuum, il cui “rancioroso” liquore non si può fare a meno di temperare con il dolce disciogliersi di un savoiardo; o di una madeleine.

Ed ecco, infine, l’assaggio, questo lento assorbire e riassorbire gli umori del terreno, del territorio che si infiltra nella pianta e si ridisegna nella polpa e nelle bucce, per poi raccontarsi carico di emozioni nel calice e, finalmente, sul nostro palato. Di nuovo i mari del sud con i loro caldi e volatili aromi, di nuovo la cotognata, la mela e la pera cotte che riscaldano i ricordi di bambino, la nonna col cucchiaino, le “buone cose di pessimo gusto” che tanto rincuorano di fronte al Babao della vita. E di nuovo si allunga, questo liquido benedetto, e ci ricorda che ancora è vivo, ancora sobbolle, ancora è in fermento e lo fa pungolando la lingua, le labbra, pizzicandole di finissima effervescenza che si impasta con una soave melassa, un richiamo zuccherino che sta lì, non alloctono ma indigeno, a ricordarci da cosa nasce quella vena luciferina che anima de’ grappoli il lieto sangue, / per cui la libera / gioia non langue, / che la fuggevole / vita ristora, / che il dolor proroga, / che amor ne incora.

Ed io non posso che ringraziare l’amico garagista e le sue alchimie, la sua superba e suprema arte del laissez faire, laissez passer che dovrebbe ispirare l’opera di ogni vero vigneron, il cui unico, solenne intento dovrebbe essere quello di far cantare il territorio, genuinamente e spontaneamente, disvelandolo nella sua purezza. Per sottrazione.

mercoledì 18 gennaio 2012

Avviso di chiamata alle armi!

Si avvisano gli aderenti al circolo Etilelitista che dovessero imbattersi in questo nostro blog (semi)ufficiale, che le menti  pensati del gruppo stanno cominciando a scaldare le meningi per mettere su un'altra cenetta di atmosfera valtellinese (pizzoccheri and so on, per intenderci...), il tutto rigorosamente annaffiato con Nebbiolo proveniente pressoché da tutte le zone di coltivazione e produzione, note e meno note.
Sono graditi suggerimenti sul menu e sulla carta dei vini.... Insomma, non fate come al solito, che devono inventarsi portate e abbinamenti solo Marco, Marchino e Micheluzzo!
Grazie...

martedì 3 gennaio 2012

Addio, Giulio, e grazie infinite

Quanti sono i Sangiovese di Giulio Gambelli che mi hanno emozionato?
Tanti. Tantissimi. Così tanti che non saprei nemmeno menzionarli.
Giulio "Bicchierino" Gambelli - 1925-2012
Quello più entusiasmante degli ultimi anni è forse il Chianti Classico Riserva Borro del Diavolo 2006 di Ormanni, da molti incredibilmente definito troppo concentrato, dolce, tostato e legnoso; affermazioni che mi fanno dire con  scoperta immodestia che, allora, è veramente dato a pochi di capir di vino; perché proprio quel vino in particolare - anzi, proprio quel Chianti - sapeva di Sangiovese come non mai; e sapeva di Sangiovese del Chianti come non mai; e sapeva, per giunta, di quel Sangiovese del Chianti che è il Chianti Classico, così fresco, succoso, schietto, coi suoi fragranti aromi di lampone e viola, coi suoi più profondi umori di terra.
Oggi Giulio Gambelli ci ha lasciato ed è cosa triste.
Per lui, questa sera, stapperò una bottiglia di Borro del Diavolo 2006, per ringraziarlo di avermi fatto bere alcuni dei Sangiovese più Sangiovese della mia vita.
Addio, Giulio, e grazie infinite.